Darina, Ignazio Silone e le due inedite lettere zurighesi

 Il Messaggero Abruzzo 19 novembre 2022

di Antonio Gasbarrini

Dove, come e quando la futura moglie (l’irlandese Darina Laracy) e Silone si sono conosciuti? Già in un ricordo biografico in merito, titolato “Il mio primo incontro con Ignazio Silone”, scritto a ridosso del suo congedo terreno e pubblicato nel libro “Ignazio Silone tra l’Abruzzo e il mondo” firmato a quattro mani da me e dal compianto Annibale Gentile nel 1979, ne aveva sinteticamente tracciato le modalità.

Con il loro primo incontro ravvicinato avvenuto, senza scambio di parole, in una biblioteca zurighese frequentata anche dal già affermato scrittore abruzzese (siamo sul finire del 1941 e a quella data erano usciti, in lingua tedesca e con grande successo, “Fontamara”, “Il fascismo. Origini e sviluppo”, “Viaggio a Parigi”, “La scuola dei dittatori”, “Vino e pane”, “Il seme sotto la neve”). Ad ampliare e di molto quel ricordo, sono due lettere autografe scritte in inglese ai genitori, datate Zurigo 31 dicembre ‘42 e 11 gennaio ’43, dalle quali si possono apprendere più di un particolare della loro nata relazione. Va precisato che sono state rinvenute, insieme ad altri documenti, nell’Archivio Centrale dello Stato – Casellario Politico, dallo studioso siloniano Alberto Vacca nel fascicolo intestato a Tranquilli Secondino. Documenti tutti messi cortesemente a disposizione dell’estensore di questo articolo. Da aggiungere che tra gli stessi figurano le contestuali traduzioni in italiano (con alcuni omissis per le parti giudicate meno significative) dattiloscritte nel giro di qualche giorno dalla loro  intercettazione da parte della Divisione Polizia Politica del regime fascista. Di esse ci avvarremo, cominciando subito a contestualizzarle, con Silone rinchiuso in un carcere a Zurigo dal 14 al 30 dicembre 1942 per aver contravvenuto, da esiliato, all’obbligo di astenersi dallo svolgere qualsiasi attività politica: qui prenderà corpo e anima il “Memoriale dal carcere svizzero”. Liberato poi a causa di un’emottisi, ma con la penalizzazione di un suo trasferimento nel sanatorio di Davos dalla residenza zurighese accordatagli sin dal 1934 dall’amico mecenate Marcel Fleischmann, ove avvenne il primo incontro tra i due. Minuziosamente descritto dalla venticinquenne Darina, più giovane di ben 17 anni rispetto allo scrittore. Tra i tanti brani riguardanti Silone, designato con la lettera S. e definito dalla futura compagna “d’una intelligenza olimpica”, il più singolare è quello chiarente il rispetto e la stima goduta persino presso le autorità deputate al suo controllo. La stessa Darina, d’altronde, espulsa dall’Italia per una presunta attività di spionaggio e con un foglio di via per la Svizzera, era stata là arrestata. Rinchiusa per quattro giorni nell’identico carcere dove circa sei mesi dopo la stessa sorte toccherà allo scrittore, Ed ecco il passo in cui una inimmaginabile, quanto sorprendente figura di Silone, è delineata: “Ad S. venne concesso di ricevere qualche cosa e gli vennero fatti regali d’ogni genere, compresi fiori e frutta in tale quantità che non c’era più posto nella cella. Egli chiese ai suoi carcerieri di poter distribuire tutta questa roba fra i suoi sconosciuti compagni di prigione, ai quali fece anche doni di Natale – (una specie di rivoluzione in una prigione, credo). Il carceriere tornò dopo un po’ per dirgli quali scene straordinarie si svolgessero in una delle celle – una cosa senza precedenti. Egli disse a S.: “Venite a vedere Voi stesso”. Lo condusse nella cella di un criminale di professione che aveva da poco assassinato una fioraia; una faccia feroce, come se ne vedono nei films. S. disse: “Buon giorno, vi posso offrire una rosa?” – “Cosa?” – Chiese il prigioniero. “Una rosa” – rispose S. timidamente: “Cosa?” – “Una rosa”. – “Cosa?”. Così continuò per qualche tempo. Alla fine S. posò la rosa sul tavolo e se ne andò. Al disgraziato non era stata mai offerta una rosa in vita sua, e non poteva capire. La guardò come se fosse stata una bomba. Dato che ad S. era stato concesso di tenere tutto, colletto, cravatta, cinta, lacci delle scarpe, l’assassino non poteva mai immaginare che egli fosse un suo compagno di prigione”. Ed ancora: “Durante la prigionia S. ha trascorso magnificamente il tempo inviando messaggi nascosti entro arance e gettandoli dalla finestra alle donne che passavano, attratte senza dubbio dal prigioniero romantico dai capelli neri ondulati e dagli enormi occhi neri e cavernosi, e dai fiori disposti nelle sbarre di ferro. Esse recapitavano sempre i messaggi”. Consapevole della sicura intercettazione delle sue lettere da parte della Polizia, tra il detto e il non detto ai propri genitori, Darina accenna anche al fiorito rapporto sentimentale, non esente da rotture e ripensamenti: “Se c’è una cosa che detesto, sono le “scenate”, ma con S. esse sembrano inevitabili”. Nelle due lettere, sono tanti e tali gli aneddoti biografici che li riguardano, da obbligare i loro studiosi a leggerle e rileggerle dopo le opportune e più puntuali traduzioni.

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Stralci dalle missive in inglese tradotte dalla Polizia fascista

(…) Non sono d’accordo con lui sotto molti punti di vista, tuttavia egli è una persona rispettabile. La recente intervista di S. con la polizia svizzera e le reazioni di quest’ultima dimostrano quanto una vigorosa difesa possa essere indizio di assoluta integrità politica. Comincio a credere che nessun intrigo può prevalere contro di essa. Essa dà un senso di forza, di calma e imperturbabilità in ogni circostanza. (…) Mi chiedete dove abita S. a Zurigo. Alla Germainestrasse, alla estremità del Zûrichberg, vicino alla foresta. L’abitazione di S. è situata in alto, e non risente della nebbia quando questa ricopre la città; è insomma un compromesso per S. per vivere a Zurigo e nello stesso tempo poter abitare in alta montagna a causa dei suoi polmoni. (…) Ho ricevuto or ora la lettera da S., benché sia una cosa difficile. Egli si lamenta che le infermiere non sono come erano ai tempi della sua adolescenza. Una lugubre descrizione dei corridoi a labirinto, lungo i quali si trovano statue. (…) Sto rinviando la mia partenza quando più è possibile, perché in un certo senso ho paura. Voglio mantenere un atteggiamento puramente indipendente verso S., benché sia una cosa difficile. Credo che egli abbia già pronte valanghe di lavoro. (…) E’ stato dimesso ieri dalla prigione in seguito ad un principio di malattia polmonare. Come avete potuto dedurre dalla B.B.C., egli è il Capo del Partito Socialista italiano. Gli svizzeri se ne sono accorti ora, ma la neutralità è neutralità. (…) Non so se egli si diverta ad essere paradossale, ma è certo che i modi di quest’uomo rivoluzionario sanno un po’ della Francia del 18°secolo. Ancor oggi, con qualche lacrima che scivola lungo le gote, ripenso a quando ambedue ci mordevamo le labbra e parlavamo della decisione di cambiar vita. (…) La mia stanza ed anche i miei cassetti sono modelli di ordine, poiché egli non si stanca di ripeter che un cervello disordinato corrisponde ad un disordine nelle cose esterne. (…) Religione e morale: qua la pedagogia beninteso si arresta; egli non fa parte dell’Esercito della Salute. Ma è così saturato di Cristianesimo che suppongo eserciti una certa influenza anche su me. (…) Come potrete dedurre da quanto vi dissi al principio di questa lettera, le sue occupazioni di infermiere-assistente verso di me non lo hanno distolto dalle altre occupazioni. Né il suo atteggiamento verso di me è beninteso quello di un infermiere-assistente; se così fosse non ci sarebbe alcuna “situazione”. (…) Non so se avete letto od ascoltato alla B.B.C. il 1 dicembre il Manifesto del Partito Socialista Italiano per l’inizio della campagna di disobbedienza civile. L’ha compilato S. ed i giornali inglesi l’hanno pubblicato, benché credo non al completo. (…) Il suo aspetto ed i suoi modi di fare sembrano suscitare le impressioni più contraddittorie, secondo il suo umore. Per citare soltanto due giudizi, vi ricordo la lettera di Jacq molto tempo fa: “Mia cara, stai in guardia, S. ama le donne e si .vede di primo colpo che è un Dongiovanni”. I miei nuovi amici, il giovane americano e sua moglie danese, dissero: “Non abbiamo mai incontrato una persona di aspetto così ascetico. Sembra un Santo del Medioevo”. (…). Estratto di una delle discussioni con S., che si ripetono ogni 5 minuti: “Non ve ne andate. Se ve ne andate vi correrò dietro, so correre più presto di voi. Se ve ne andate dovrò creare un servizio segreto per avere vostre notizie, come se non avessi già abbastanza preoccupazioni”. (…) S. dice: “Non potete aspettare la fine della guerra per risolvere i vostri problemi personali? Può darsi che io sia ucciso per quell’epoca, e ciò vi aiuterà alla risoluzione”. (…) S. dice che sono invecchiata di 5 anni nell’ultima settimana. Non è una cosa sorprendente. Andando di questo passo fra poco sembreremo tutt’e due della stessa età. Egli non dimostra affatto  la sua. (…)