Come premiare verità e libertà

Il Messaggero Abruzzo (15 Giugno 1984)

di Antonio Gasbarrini

Per una sorte di legge dantesca del contrappasso, l’Italia occupa – tra i paesi economicamente più avanzati – l’ultimo posto negli indici di lettura ed il primo in quell’assegnazione di premi letterari. Premi attualmente in crisi, a causa dell’esiguo spazio mercantile disponibile e all’accentuata carenza di scrittori e poeti dal talento autentico: i vari Campiello, Strega e Viareggio accusano i colpi di un distacco tra testi inflazionati e lettori eclissati, non colmabile con il rilancio stagionale di titoli ed autori non sempre all’altezza dei riconoscimenti tributati.

Il rapporto tra Ignazio Silone e le conventicole letterarie è stato, dopo l’esclusione di “Uscita di sicurezza” dal Premio Viareggio e la contestuale affermazione nel Premio Marzotto (1965), teso e nel contempo solare, nonostante le avversioni, tuttora non stemperate, di una parte dell’establishment critico: nel ’68 è “L’avventura di un povero cristiano” a ricevere i consensi plebiscitari della giuria popolare del Campiello; l’anno successivo lo scrittore abruzzese consegue a Gerusalemme il Premio Internazionale di Letteratura; nel ’76 e nel ’78 – anno della sua scomparsa – Silone entra nella rosa del candidati al Premio Nobel; due anni fa, infine, la riassegnazione del Campiello d’oro a “L’avventura” consacra al grande pubblico “la linea più appassionata della sua narrativa e sottolinea l’indubbio valore di una indicazione critica di fondo”.

Comunque sempre fissata sul bel tempo e senza perturbazioni è risultata la lancetta del consenso barometrico dei suoi lettori, cresciuti di anno in anno in ogni parte del mondo grazie alle traduzioni dei suoi romanzi che si sono andate succedendo nelle lingue più disparate.

La Regione Abruzzo, con l’avvio del primo “Premio internazionale letterario” e del costituendo “Centro Studi” di Piscina, dedicati a Silone, ha inteso rafforzare il legame culturale, e non riduttivamente affettivo, con uno dei suoi più insigni figli. La strada battuta è per molti versi originale rispetto ai modi tradizionali di concepire manifestazioni letterarie aventi analoghe finalità, né imperfezioni, ritardi, polemiche, boicottaggi palesi ed occulti, possono inficiare le tante potenzialità esistenti.

Esaminiamone le ragioni. Come è noto, il Premio si articola in due edizioni: la prima, di saggistica, prevede l’assegnazione di 10 milioni ad un testo che abbia come ispirazione e contenuto gli elementi del messaggio siloniano e che esalti il valore della libertà e della verità, ovvero che rappresenti la difesa dei popoli o coscienze oppressi; la seconda consiste in una borsa di studio riservata a studenti italiani e stranieri ed autori di studi monografici inediti sull’opera di Ignazio Silone. Per superare il rischio di far saltare il Premio di saggistica a causa dell’eventuale mancata partecipazione di lavori qualitativamente validi, la giuria ha “facoltà insindacabile di prendere in esame anche saggi italiani e stranieri che non partecipino al concorso”. Solo giurati non influenzati dai meccanismi abbaziali con cui si gestiscono gli interessi mercantili dell’“oggi un premio a te, domani uno a me”, possono garantire l’uso corretto di una norma così aperta. Ed i nomi designati dal comitato organizzatore (dagli scrittori e poeti Böll. Màrquez, Milosz e Moravia, ai critici Bo e Pampaloni, ai giornalisti – scrittori Nadeau, Nichols e Neuvecelle, agli storici e sociologi Pellicani e Spriano), danno ampio affidamento in tal senso. Da qui l’altra esigenza emersa all’interno del Comitato di istituire una Consulta Internazionale, non prevista dalla legge istitutiva del Premio ed il cui unico scopo sarà quello di segnalare alla giuria opere degne di attenzione.

Il nodo centrale del Premio è infatti uno solo: registrare una partecipazione numericamente e qualitativamente accettabile, in quanto i testi pervenuti andranno a costituire l’ossatura principale del patrimonio bibliografico del Centro Studi con il meglio della saggistica e delle ricerche di matrice siloniana.

La possibilità di tradurre in realtà queste attese (per gli abruzzesi e per tutte le giovani generazioni in particolare) ed il potersi così abbeverare ad una sorgente ideale alimentata dal magistero siloniano, è fattibile ad una sola condizione: accantonare una volta per tutte bassi calcoli di tornaconto individuale o di gruppo e stroncare definitivamente le pressioni esercitate per far fallire sul nascere una iniziativa degna di nota.

[Il Messaggero Abruzzo, 15/06/1984]