Il Messaggero Abruzzo (18 agosto 2018)
di Antonio Gasbarrini
Ignazio Silone, nella sua gioventù, aveva disprezzato i futuristi e tollerato i surrealisti. Nei dieci anni trascorsi dal 1934 al 1944 a Zurigo nella casa del mecenate Fleischman in qualità di esiliato, aveva familiarizzato con più di un capolavoro dei vari Van Gogh, Matisse, Picasso, Braque ed altri artisti ancora. Su tutti, amava Rouault. Non sarà stato un caso, allora, se la prima edizione di “Fontamara” in lingua tedesca del 1933, sia stata illustrata dall’artista espressionista Clément Moreau.
Le tante copertine mondadoriane delle varie edizioni del suo capolavoro, hanno spaziato, poi, dal realismo guttusiano all’informale di Alberto Burri. Forse, anche per tutte queste ragioni, il murales fresco fresco di stesura realizzato ad Aielli nel giro di un mese dai writers Alleg (al secolo Andrea Parente) e dalle altre due giovani tags Sbrama e Ema Jons avrebbe “strappato”, al suo familiare volto malinconico, più di un compiaciuto sorriso. Proprio la geniale intuizione di Alleg di trascrivere integralmente lettera dopo lettera e segni d’interpunzione su quella pulsante superficie a cielo aperto l’intero romanzo, consente di rivivere in modo inusitato la corale epopea dei cafoni marsicani. Un libro da poter scorrere così con un sol colpo d’occhio, in quei 100 metri quadri ove una certosina grafia in stampatello minuscolo “dipinta” con un pennello ed acrilico grigio, parla e contemporaneamente canta di quegli indimenticabili personaggi vestiti di soli stracci. E se è la fluida oralità narrativa di “Fontamara” a scorrere nuovamente ben oltre gli ingannevoli “dieci lustri” alla stregua delle rubate acque del ruscello divise con la fasulla, truccata matematica dei “tre quarti e tre quarti” ammanniti ai mansueti fontamaresi dal difensore del popolo (l’avvocato don Circostanza), sono ora ben tre chilometri di righe perfettamente allineate, a restituirci tutta la rilucente aura d’intramontabili pagine. Oralità esaltata dalla viva voce di chi in basso leggeva, parola dopo parola, pagina dopo pagina, l’incalzante divenire di quei “strani fatti” e chi, sull’impalcatura – per le zone più in alto – li trasmutava in una iniziatica, sacrale scrittura. Contrapponendo in tal modo la funzionale lentezza d’una pittura che rimanda dritto dritto all’oraziana “Ut pictura poësis” ed al certosino vergare degli amanuensi, all’ ipervelocità creativa di ogni murales che si rispetti. Sta molto probabilmente racchiuso in questa innovativa manualità pittografica, il segreto di una socializzante estetica all’esclusivo servizio platoniano del Buono, del Bene e del Bello. Riportati in auge dall’insolita partogenesi di una ri/nata “Fontamara” con lo stupefacente murales da cui poter continuare ad attingere i non-negoziabil valori umanistici della coriacea etica siloniana. Con quella stessa determinazione esistenziale, inoltre, di chi con la lettera scritta al “compagno Tasca” nel gennaio del ‘31 (qui riproposta), chiudeva con il decennio della sua milizia rivoluzionaria comunista (1921-1931), voltando, una volta per tutte, la sdrucita pagina delle delusioni patite. Così, dalla metamorfizzata crisalide, scatterà il primo vitale battito d’ali del nascente scrittore: “[…] sto lavorando […] attorno a un romanzo di vita meridionale. Il romanzo sarebbe già finito se una parte del manoscritto e delle note non fosse rimasta sequestrata a Davos presso la pensione alla quale devo ancora dei quattrini. Su questo romanzo avrei molto da dirti, ma non ne ho tempo. Esso si distingue dagli altri lavori solo nella forma letteraria e lo scrivo perché negli articoli politici non si può dire tutto: vi è sempre una parte della realtà che sfugge […]”.
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Ecco la lettera (ad Angelo Tasca) con cui Tranquilli chiude il decennio di milizia rivoluzionaria *
di Ignazio Silone (alias Tranquilli)
22 gennaio 1931
Caro compagno, domani spedisco a Nizan il capitolo sul fascismo internazionale. Ho corretto anche gli altri capitoli, ma a spedirli raccomandati costano un fottio.
Attualmente io lavoro: a) attorno ad uno studio sulla Chiesa cattolica nella situazione attuale, soprattutto in riferimento al fascismo. La prima idea di questo lavoro mi venne leggendo il pamphlet anti-papale di Bucharin, che non esce dal genere della critica razionalistica e illuministica del cattolicesimo, come d’altronde la più parte della letteratura anti-clericale. Dunque vorrei fare qualcosa di nuovo : sviluppare alcune affermazioni che nel mio libro sul fascismo sono già accennati e presentare la Chiesa per quello che è oggi. E prenderne pretesto, per tornare sulla questione dei contadini.
- b) attorno ad un “panorama” delle correnti attuali del pensiero italiano. Nel capitolo sull’ideologia del libro sul fascismo vi è già qualche accenno, ma approfondendo l’argomento mi sono avvisto di alcune cose che prima mi sfuggivano. Si tratta di mettere in luce alcune tendenze ancora in germe nella crisi culturale italiana, alle quali ancora non si dà l’importanza che si deve: si tratta, anzitutto, di precisare l’essenza dell’atmosfera spirituale realizzata in Italia da 8 anni di fascismo e le reazioni che, nel fascismo e fuori del fascismo, già si delineano: reazioni che non sono, tutte, discendenti delle correnti spirituali tradizionali e che sorgono su un piano affatto nuovo.
- c) attorno ad un romanzo di vita meridionale. Il romanzo sarebbe già finito se una parte del manoscritto e delle note non fosse rimasta sequestrata a Davos presso la pensione alla quale devo ancora dei quattrini. Su questo romanzo avrei molto da dirti, ma non ne ho tempo. Esso si distingue dagli altri lavori solo nella forma letteraria e lo scrivo perché negli articoli politici non si può dire tutto: vi è sempre una parte della realtà che sfugge.
Ti mando la prefazione e il primo capitolo del romanzo. Forse una parte del primo capitolo (o il capitolo interamente) potrebbe essere pubblicata su una rivista, nella ricorrenza dell’11 febbraio*. Vedi un po’ tu. Ti prego di rimandarmi il manoscritto al più presto.
Ma tutto ciò non risolve la questione del pane. Né mi illudo di risolverla con una attività solo letteraria. Altro lavoro è difficile trovare. D’altronde senza casa e senza mezzi per vivere, anche l’altro lavoro si arena e si perde la voglia di lavorare. La soluzione sarebbe di trovare un lavoro giornalistico fisso, mensile. Ma presso quale giornale? Presso i russi è impossibile. Con le riviste, le cose andrebbero meglio se, invece di novelle e articoli saltuari, potessi avere un impegno fisso: ad es. una cronaca italiana mensile. Un impegno simile con due o tre riviste, sarebbe già qualcosa. Ma dove pescarle? Se tu hai qualche suggerimento da darmi, mi fai un favore. Questo, per ora, è la questione più importante: quando avrò un lavoro fisso e sicuro, se pur limitato, anche il resto lo farò più volentieri, altrimenti mi sembra di lavorare nel vuoto.
Saluti cordiali
Tranquilli
*In caso affermativo, bisognerebbe dire che è tolto da un romanzo inedito di prossima pubblicazione.
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* Il titolo è redazionale. Fonti archivistiche: Angelo Tasca, Biblioteca Archivio Feltrinelli Milano.