Ignazio, Celestino V, la Perdonanza e l’atroce invasione russa dell’Ucraina

Il Messaggero Abruzzo 12 marzo 2022

di Antonio Gasbarrini

Se la “Guernica” di Pablo Picasso e “Il sonno della ragione genera mostri” di Francisco Goya, insieme ad altri capolavori analoghi, nulla hanno detto o sopratutto insegnato qualcosa ai guerrafondai che continuano, impuniti, ad insanguinare il mondo, il messaggio d’una civile convivenza tra i Popoli di cui è imbevuta la taumaturgica parola “Pace”, mantiene intatte le potenzialità di una sua ecumenica condivisione.

Ad un patto: che si conosca, cioè, il retroterra storico grazie al quale il rivoltante lemma “Guerra” scatenato proprio in questi giorni dall’Armata russa sulla martirizzata popolazione ucraina, sia affrontato, razionalmente, con l’acuminato bisturi della “conoscenza”. Ecco perché, al fine di meglio interpretare come sia potuto avvenire lo spostamento all’indietro delle lancette dell’orologio riguardanti la più recente Storia pacifica europea post seconda guerra mondiale – emblematicamente coincidente con il crollo fisico, ma non già ideologico, nell’89, del Muro di Berlino – siamo andati a rileggere alcune illuminanti pagine d’Ignazio Silone sfogliabili in “Uscita di Sicurezza” e “L’avventura d’un povero cristiano”, nonché nelle riviste “Tempo presente” (da lui fondata e diretta insieme a Nicola Chiaromonte,1956-1968) ed altre ancora. “Tra il 1921 e il 1927 ebbi varie occasioni di recarmi a Mosca per partecipare, quale membro di delegazioni comuniste italiane, a congressi e riunioni”. In tali occasioni, come continua a raccontare, aveva avuto la possibilità di conoscere da vicino, le ferree regole d’uno spietato gioco antidemocratico via via incarnato dall’abietta figura di Stalin. Da qui la sua crisi, l’uscita dal Partito Comunista da cui sarà espulso nel ‘31, il quindicennale esilio svizzero, la concomitante adesione al socialismo e, da “franco tiratore” della Libertà, il suo impegno “full-time” non solo come scrittore ma come libero pensatore all’esclusivo servizio della Verità e sempre a fianco delle classi più umili (i cafoni fontamaresi, su tutte). Ed è l’oscena colonna di camion  lunga  una sessantina di chilometri, insieme ai carri armati con cui i militari russi stanno assediando l’intera Ucraina bombardando città su città, ad evocare analoghe, anche se meno cruente invasioni (Budapest 1956 e Praga 1968), contro cui la possente e credibile voce d’Ignazio Silone si fece sentire, con continuità, sia sul parigino “Express”,  che su “Tempo Presente” o, appena tre anni prima di salutarci per sempre, sulla rivista “Kontinent” in cui poneva l’esigenza di fare chiarezza sui crimini della storia commessi dal PCUS. Non potevamo non chiederci: cosa avrebbe scritto oggi sulla criminale aggressione in corso? Risposta: le stesse, profetiche diagnosi. Quanto al rifiuto di qualsivoglia guerra, lo scrittore abruzzese per nascita e formazione – ma europeo sotto l’angolazione creativa e intellettuale – l’ha affidata al suo “alter ego” Pietro dal Morrone-Celestino V: “Ve lo dico una volta per sempre: non posso benedire alcuna impresa di guerra. Sapete a che cosa si riduce l’insegnamento morale di Cristo? Dovreste saperlo, poiché anche voi vi dichiarate cristiano; ma ve lo ricordo per il caso l’abbiate dimenticato. Si riduce a due parole: vogliatevi bene. Vogliate bene al prossimo, e anche ai nemici”. Perciò, la ultra-settecentenaria Perdonanza, erede diretta del suo indistruttibile messaggio di pace e pacificazione tra singoli e popoli, può ancora essere in grado d’irraggiare i residui bagliori di quel Bene che sta rischiando di esser sopraffatto da un cancerogeno Male. Tutto proteso, in questi tremendi giorni, a progettare l’estinzione di gran parte dell’Umanità tra la “funghicida” minaccia di una bomba atomica e l’altra.