
di Antonio Gasbarrini
Il Messaggero Abruzzo 30 aprile 2021
Non è difficile, per chi sia nato come Ignazio Silone il primo maggio del 1900, ricordarne l’anniversario nonché fare rapidamente il conteggio dei 121 anni trascorsi. Per festeggiare l’evento nel modo più consono all’eccelsa figura e all’illuminante opera di uno dei massimi pensatori europei del secolo scorso, ci affidiamo alle pagine del libro di Luigi Mastrangelo “L’umanesimo politico di Ignazio Silone”.
Fresco di stampa per i tipi di Guida editori il volume, centrato sulla scrittura non solo creativa – ma anche saggistica – dell’illustre abruzzese,va ad aggiungersi con pari dignità esegetica, agli altri studi usciti negli ultimi tre anni e dei quali abbiamo già trattato nel nostro giornale, peraltro disponibili nel sito www.ignaziosilone.it:“Tre racconti sull’emigrazione (L’eroe di Porta Pia – Le avventure di Tonio Zappa – Viaggio a Parigi)” di Liliana Biondi; “Ignazio Silone e Marcel Fleischmann. Amicizia e Libertà” di Maria Nicolai Paynter; “Il segreto di Fontamara” di Giulio Napoleone; “Il Dossier Silone. Copie fotografiche dei documenti dell’Archivio Centrale dello Stato” di Alberto Vacca e “La scrittura violata. Fontamara tra propaganda e regime” di Alessandro La Monica. Preziosi contributi critici, tutti, ribaltanti, sia esteticamene che eticamente, la ripugnante, fantomatica versione del giovane rivoluzionario Secondino Tranquilli (alias Ignazio Silone), trasmutato, con la bacchetta magica di consultati documenti d’archivio mal interpretati e quasi sempre disinvoltamente attribuiti dagli storici revisionisti Dario Biocca e Mauro Canali, in spregevole spia doppiogiochista al sevizio del regine fascista. Aberrante tesi che cozza un’ulteriore volta con il fitto dialogo instaurato da Luigi Mastrangelo con il lungimirante e attualissimo neo-umanesimo di Ignazio Silone. Interpolando le sue valutazioni in merito, con ampi stralci degli scritti, tratti prevalentemente dai due tomi mondadoriani curati in modo magistrale da Bruno Falcetto. Nei 5 capitoli di “La fonte amara dell’oppressione”, “L’accurato studio delle dittature”, “La persona prima dell’idea”, “Gli scenari del dopoguerra” e “Lasciare l’ideologia per ritrovare l’uomo”, s’intrecciano le preziose gemme neo-umanistiche del laicizzante credo siloniano, in una sorta di danza propriziatoria finalizzata all’avvento di una nuova Era sociale affratellante e solidale. Ripercorsa da Mastrangelo senza alcun tono enfatico, ma con la lucida prosa del politologo accademico. Chiamando in causa l’epopea fontamarese dei cafoni marsicani e alcuni spunti autobiografici presenti in “Uscita di Sicurezza”, senza trascurare la rilevanza storica (questa volta sì) delle sue coeve analisi sui regimi dittatoriali (“Il fascismo. Origini e sviluppo” e “La scuola dei dittatori”). Il saldo ponte d’un fecondante pensiero ripercorso tra le profumate righe stilistiche dell’asciutto realismo siloniano senza fronzoli, viene agilmente costruito, ancora, evocando il profilo anti-ideologico di alcuni dei personaggi principali di “Vino e Pane” (Pietro Spina) e “L’avventura di un povero cristiano” (Celestino V). Talché: “Silone può essere considerato un lungimirante anticipatore di tempi successivi ai suoi, non ancora maturi per il superamento delle ideologie, rivelandosi coerente con questa quello che è sempre stato, ossia un uomo libero, indefessamente in lotta per preservare la sua libertà dal potere settario del partito, difendendo, con orgoglio e determinazione, un misurato equilibrio che gli consentiva di valutare, secondo coscienza, le situazioni caso per caso, con un metodo antico profondamente democratico e una spiritualità intimamente cristiana, seppur priva di appartenenza confessionale”.