
Luigi Mastrangelo – “L’umanesimo politico di Ignazio Silone” – [Guida editori, Napoli, ottobre 2020, pp. 202].
Introduzione
La figura di Ignazio Silone costituisce un unicum nell’ambito del Novecento italiano ed europeo, non solo dal punto di vista letterario e da quello dell’esperienza politica, ma soprattutto per l’originalità dei nuclei di pensiero e dei processi interpretativi attraverso i quali egli decodifica la complessa e, per molti aspetti, contraddittoria realtà che lo vede protagonista, prima come alto dirigente di partito e poi come scrittore, realista e utopista insieme, senza dimenticare l’esperienza non ripetibile di deputato all’Assemblea Costituente[i].
Se la critica delle strutture organizzative dei partiti politici non costituiva certo una novità nel pensiero politico italiano del ventesimo secolo, che si era aperto con le note considerazioni svolte da pensatori elitisti come Gaetano Mosca[ii] e Roberto Michels[iii], la sostanziale innovazione apportata da Silone è che essa, entrata l’Italia nell’“era fascista”, viene svolta proprio da un esponente partitico di opposizione di alto livello, un rappresentante d’elité dei comunisti italiani, scelto con Togliatti per rappresentarli nel Plenum dell’Internazionale del maggio 1927, in grado di osservare limiti e carenze strutturali nelle altrui formazioni, ma anche, e soprattutto, nella propria.
Proprio quelle controverse vicende, che portano all’espulsione di Trockij sulla base di un documento che i votanti non avevano avuto neppure la possibilità di leggere ma sul quale era stato loro intimato loro di pronunciarsi, si rivelano cruciali nella parabola biografica siloniana, in quanto decretano l’inizio di una frattura insanabile con il partito politico con il quale egli si era così intimamente identificato fin dalla prima giovinezza, vissuta abbeverandosi alle “fonti amare” della vita dei contadini dei sismici e disagiati paesi appenninici, delle cui istanze si farà originale portatore nei romanzi e negli altri scritti.
Epigono moderno del principio classico Amicus Plato, sed magis amica veritas[iv], Silone comprende di dover guadagnare dolorosamente la via d’uscita non solo da “quel” partito, ma in generale da qualsiasi concezione gerarchica e acritica propria di ogni partito ideologico, di ogni struttura gestita in maniera piramidale che pretenda di imporre ragionamenti e conseguenti azioni agli associati, esentandoli dal vaglio critico della logica e dalla prova dei fatti, anzi intimando a essi di agire senza pensare, di credere, di obbedire e se necessario di combattere, pena l’ignominia del marchio scarlatto di eretico che, in tal senso, non rende l’agglomerazione politica troppo distante da quella religiosa.
Anche in quest’ultimo specifico ambito, e a maggior ragione, Silone considera la comunità ecclesiale in senso etimologico, come assemblea di popolo, simile a quella che, ad Atene, era chiamata a sottoporre all’approvazione le deliberazioni della boulé: nella sua concezione, la Chiesa non deve sottostare passivamente alle decisioni imposte dagli apparati ecclesiastici, che svolgono invece un ruolo direttivo ed egemonico non dissimile da quello esercitato dalle segreterie di partito.
Per coerenza, Silone rinuncia così ad entrambe le istituzioni, il partito e la chiesa, propendendo per un personalissimo «socialismo dal volto umano»[v] che, come l’islandese leopardiano, urla tutto il suo sdegno verso la natura matrigna della piramide gerarchica che le caratterizza e le domina, e che nutre se stessa a scapito degli stessi principi sociali che dice di propugnare, sorda e ignara delle conseguenze nella vita concreta delle persone.
Il pensiero politico sviluppato da Silone in quelle particolari circostanze assume, peraltro, valenze più ampie, proponendosi in linea generale come un metodo di valutazione che, in tal senso, può essere accostato a quello tipico dello studioso, la cui ricerca può trovare validità solo con l’esame obiettivo dei dati, e non certo su una conclusione precostituita, in base alla quale adattare ex post elementi probatori inevitabilmente falsati e parziali, scelti volutamente dal fazioso interprete a scapito di altri discordanti. La lezione siloniana sulle “divinità che sono fallite” appare, ancor oggi, di stretta attualità, e merita un’attenta rilettura, considerando anche come le ideologie, per restare nella fortunata immagine, tentino ancora pervicacemente di risorgere in un nuovo Olimpo, da cui riprendere a coartare l’arbitrio degli uomini che, novello Lutero, Silone vuole, a qualsiasi costo, che non sia più servo, ma che sia messo in condizione di essere davvero e pienamente libero.
[i] Eletto nella lista del Partito socialista italiano di unità proletaria nel collegio de L’Aquila, nell’Assemblea Costituente Silone è inserito dal 19 luglio 1946 nella Commissione per i trattati internazionali, dalla quale si dimette il 19 febbraio 1947, sostituito da Giuseppe Saragat.
[ii] Nell’ambito dell’estesa letteratura, cfr. G. Sola, Per un’analisi della teoria della classe politica nelle opere di Gaetano Mosca, in «Annali dell’Università degli Studi di Genova, Facoltà di Giurisprudenza», 1970, fasc. 2, pp. 673-744; E. A. Albertoni, Il pensiero politico di Gaetano Mosca. Valori, miti, ideologia, Cisalpino-Goliardica, Milano, 1973; Id., Gaetano Mosca e la teoria della classe politica, Sansoni, Firenze, 1974.
[iii] Cfr. L. Mastrangelo, Il centenario di letture davvero d’élite: La sociologia del partito politico nella democrazia moderna e altre pagine di Roberto Michels, in G. Grimaldi (a cura di), Pensare la modernità, Limina Mentis, Villasanta, 2012, pp. 373-394.
[iv] La frase è attribuita ad Ammonio, il quale utilizza originariamente la forma amicus Socrates nella Vita di Aristotele. Lo stesso Aristotele, nell’Etica Nicomachea (I, 4, 1096 a 16) ribadisce che la verità deve prevalere sui sentimenti amichevoli, per quanto intensi.
[v] Cfr. V. Esposito, Silone vent’anni dopo (ricognizioni e prospettive critiche), Amministrazione Provinciale, L’Aquila, 1998, pp. 7-8. Più diffusamente, infra.
Sommario
Introduzione
1. La fonte amara dell’oppressione
1.1 Le inesatte valutazioni di Mussolini
1.2 Come l’indomito sannita
1.3 Contro tutti i fascismi
1.4 La politica come forza ispiratrice e una lingua realista
1.5 La prevaricazione dei due poteri
2.2. L’accurato studio delle dittature
2.1 Il legame tra fascismo e Risorgimento
2.2 Le ragioni degli avversari politici
2.3 La libertà come condizione interiore
2.4 L’uomo e la Provvidenza
2.5 “Il Principe” nel Novecento
3. La persona prima dell’idea
3.1Riflessioni mazziniane
3.2 I fragili compromessi
3.3 La conoscenza dei poveri
3.4 Il Terzo Fronte e Barabba
3.5 I popoli sono le vittime
4. Gli scenari del dopoguerra
4.1 La limitazione del potere degli Stati
4.2La dignità e l’onestà intellettuale
4.3 Un socialista dalla parte dei cattolici
4.4 I giudizi ideologici
4.5Il silenzio dell’innocente
5.Lasciare l’ideologia per ritrovare l’uomo
5.1 Le informazioni alterate
5.2 L’intuizione di Sturzo
5.3Pensare con amore
5.4 La coscienza e le cattive coscienze
5.5 Un rifiuto tutt’altro che vile
Conclusioni
Opere di Ignazio Silone citate
Bibliografia
Indice dei nomi