Inno alla Libertà*

di Ignazio Silone

Dicembre 1942

Ieri, verso sera, andavi lungo il lago. La foschia fondeva l’acqua e il cielo in un vasto grigio senza orizzonte; ammorbidiva il rumore volgare dei cartelloni elettrici e avvolgeva le fragili nudità invernali dei pioppi. Andavi lungo il lago, e il lago, visto attraverso la foschia, era senza orizzonte. Oggi sei in prigione. Il vasto cielo di ieri si estende oltre le sbarre delle finestre polverose. Solo il rumore delle chiavi del carceriere che si ferma a guardare dallo spioncino interrompe il silenzio. Quattro muri di pietra escludono il mondo. Tu sei in prigione. La ragione è molto semplice. Tu sei la personificazione di qualcosa di più formidabile che mille divisioni di Panzer: la libertà dello spirito.

Tu hai rifiutato di bruciare l’incenso all’altare degli idoli ufficiali, hai rifiutato di vedere dormire il tuo cervello cantando le litanie della liturgia giornalistica. Hai rifiutato di ubbidire al comandamento: tu odierai il tuo prossimo. Hai rifiutato di accettare che la libertà politica sia imprigionata da una manciata di luoghi comuni; che la libertà personale sia imprigionata dalla licenza di un egotismo individuale. E la mera conquista della tua libertà non ha soddisfatto la tua sete; volevi lo stesso anche per gli altri. Sei diventato evidenza che la dignità umana può sopravvivere anche alla presente mania suicida, che il valore della persona umana è al di sopra di tutte le teorie, tutti i fanatismi, tutte le politiche. In una società in cui la libertà è degenerata a uno slogan di propaganda e la verità passa per eccentricità, in cui dignità e carità rischiano di essere denunciate come tradimento; in una società che dipende dalla brutalizzazione dei suoi schiavi, tu sei un’apparizione – nostalgica per alcuni, scandalosa per altri – venuta da un altro mondo, un mondo pericolosamente bello, un mondo pericolosamente possibile.

Le cose che hai detto non sono nuove, molte contano almeno duemila  anni, ma la verità è sempre sensazionale; anche a distanza di duemila anni continua a stupire e spaventare e, continua a scandalizzare. Non è poi tanto sorprendente che tu sia in prigione. Ma quattro muri di pietra non sono sufficienti a soffocare la verità. Anche il tuo silenzio ci parla. Il tuo silenzio ci proclama che la libertà impone tanti doveri quanti diritti conferisce. Proclama che la scelta della libertà spirituale implica l’accettazione della persecuzione come estrema e logica conseguenza. Proclama che la libertà spirituale non solo non diminuisce ma si rafforza quando la libertà materiale è sacrificata per difenderla. Proclama che la libertà non è altro che il supremo bene dell’uomo.

L’imprigionamento non ti ha isolato. La porta è stata chiusa a chiave per i conoscenti sgraditi; ti ha unito a tutti quelli che nel passata sono stati perseguitati per amore della verità e a tutti quelli che ora, ascoltando l’eco del tuo silenzio, capiscono che è per mostrargli la strada della verità e della dignità che tu rinunci al vasto cielo e accetti le umiliazioni che i carcerieri t’infliggono. Le umiliazioni sono testimonianza della loro impotenza a toccarti. Non hanno la chiave della porta che separa il tuo spirito dal loro. Ignorano che l’orgoglio della propria dignità spirituale può raggiungere un grado d’intensità laddove esige il sacrificio di dignità esteriori e superficiali. Quelli che parlano come se l’imprigionamento ti avesse privato di un tesoro, come se il tuo spirito fosse alla mercede della materia circostante, onorano troppo quelli che hanno chiuso la porta della tua cella. Ti possono impedire di camminare per la strada, ma la libertà del tuo spirito non è da loro raggiungibile. Tu non puoi vedere il cielo e il lago fusi nella foschia, ma l’universo del tuo spirito è senza orizzonte. Per un essere libero, essere in prigione non esiste. Non sei tu, siamo noi che dobbiamo saperlo. L’eroismo ha un’esistenza indipendente dalla qualità – sorprendente e distante solo quando è il gesto supremo di un cuore debole. Per quelli abituati ad agire secondo i loro valori, non si tratta di un gesto o una serie di gesti; non è sforzo, né sacrificio; è semplicemente il climax naturale della loro anima. Liberarsi da ogni costrizione eccetto l’amore della verità significa esorcizzare la paura. Ci sono quelli che hanno bisogno di saperlo. Tu sei in prigione. È il verdetto finale sulla penosa e meschina bestialità di quelli che ti perseguitano. Imprigionandoti creano una leggenda eroica da qualcosa che per te è del tutto naturale. Si sbagliano se pensano che ti possano dominare, umiliare, possedere. Sono loro a essere dominati, umiliati, posseduti da un processo storico, ineluttabile, di cui sono strumenti inconsapevoli; vale a dire che la verità, in tutti i tempi,è dovuta essere perseguitata per trionfare. La strada della persecuzione è la strada della realizzazione. “Vicisti Galilaeus”[sic] – le ultime parole dei persecutori prima di sparire nelle tenebre.

* Titolo redazionale. Testo tratto dal libro “Ignazio Silone e Marcel Fleischmann. Amicizia e Libertà”(a cura di di Maria Nicolai Paynter), Casa Editrice Carabba, Lanciano 2018, pp. 54-57.