di Antonio Gasbarrini
In ogni movimento disfatto e in ritirata, vi sono dei militanti i quali
vengono a trovarsi nella mia situazione: senza collegamenti gerarchici
con i resti superstiti del proprio reggimento, essi continuano
alla meglio a lottare contro il nemico in qualità di franchi-tiratori .
Ignazio Silone
Anche se il copyright delle “Parole in libertà” spetta a Filippo Tommaso Marinetti, non da meno, il titolo dato a questo mio intervento tende a mettere in evidenza le cesure riscontrate nella conferenza “Il mio Silone” tenuta – a braccio ed all’aperto, a Luco dei Marsi nello scorso mese di settembre – dallo storico defeliciano Mauro Canali, tra la realtà concernente la biografia del rivoluzionario prima e scrittore poi, e le sue non condivisibili “opinioni”. “Opinioni” dallo stesso spacciate per incontrovertibili, inoppugnabili verità storiche emerse dalle sue ricerche in vari archivi italiani e stranieri. Effettuate, tra l’altro, in modo autonomo, ma sostanzialmente in tandem con il collega accademico Dario Biocca. Entrambi, dal 1996 ad oggi, hanno teso a demolire la possente figura di uno dei massimi pensatori italiani ed europei. Sovrapponendo alla stessa quella deragliante di un incallito spione al servizio della Polizia Politica e dell’Ovra (1919-1930) e dell’Oss (1942-’44) per finire, dulcis in fundo, alla Cia negli anni cinquanta-sessanta.
Tra le tante “Parole in libertà” pronunciate in quella occasione, accenno solamente alla subdola evocazione del rapporto omosessuale che sarebbe intercorso tra il giovane Secondino Tranquilli e l’attempato commissario Guido Bellone, nell’occasione definiti “amici del cuore”. Sorvoliamo su questo gossiparo aspetto, che diventerà poi centrale nello scandalistico romanzo di un noto scrittore abruzzese contemporaneo (tralasciamo deliberatamente di citare il suo nome per non fargli una gratuita pubblicità).
Soffermiamoci, invece, sulla chiamata in causa di un genetico e condizionante “vizietto” del Nostro, a proposito del rapporto di collaborazione instaurato in Svizzera con l’Oss nell’arco temporale1942-1944 in qualità di segretario del Centro Estero del Partito Socialista Italiano. Ecco alcuni passi tratti dalla trascrizione dell’intervento: «(…) Per cui, per vedere il suo passaggio, il suo percorso, Silone ad un certo momento – parliamo quindi dell’uscita dell’inferno dello spionaggio fascista – scrive, comincia a scrivere. Scrive i suoi romanzi, ma il vizietto (sic!) di riferire non è che lo perde deltutto perché ad esempio (anche questi sono i risultati che vengono dagli archivi americani), lui ad un certo momento diventa agente dell’Oss[1]».
Questa “Parole in libertà” del Canali, cozzano, e in malo modo, con le ricerche condotte da altri storici (anch’essi accademici) sugli archivi americani per l’Oss e quello olandese per quanto riguarda il Centro Estero del Partito Socialista, i quali hanno messo in rilievo non già la presunta vocazione spionistica siloniana così cara ai due storici defeliciani, bensì la grande capacità d’Ignazio Silone d’interpretare (riferendo, poi, agli autentici agenti dell’Oss, Allen Dullas in particolare), la complessa situazione politica italiana ed europea.
Per inciso va sottolineato che mentre Marinetti si limitava sostanzialmente a scardinare sintassi e grammatica negli 11 punti del “Manifesto tecnico della letteratura futurista” datato 11 maggio 1912, per introdurre nella scrittura il rumore, il peso e l’odore delle “Parole in libertà”, quelle stesse parole dedicate al Silone-spia, affluite così copiosamente nelle pagine di saggi e libri di Biocca e Canali usciti in quest’ultimo ventennio, hanno generato la messa in moto del classico “character assasination” per dirla con le stesse parole di Maria Moscardelli. Ovvero, la delegittimazione della grande, consolidata reputazione internazionale dello scrittore abruzzese. Un moto retrogrado, per nostra fortuna in via di azzeramento, come contribuirà a dimostrare scientificamente (mi permetto di dire), questa stessa Tavola Rotonda.
In proposito, rimando subito alla lettura del chiarificatore, denso saggio Specchi deformanti. Silone nella seconda guerra mondiale dello storico Paolo Ferrari il quale ha messo in risalto proprio l’elevata figura politica del già affermato scrittore nell’interpretare le convulse dinamiche belliche in corso (in Italia ed in Europa). Per di più, agendo in esilio ed in pessime condizioni di salute, nonché nella piena segretezza nei confronti dell’autorità svizzera della sua qualità di segretario del clandestino Centro Estero del Partito Socialista italiano a partire dal 1941 (in uno dei documenti da me consultati, il Nostro asserisce dal 1940). Ma, è bene ricordarlo anche in questa sede, una volta scoperto sul finire dell’anno successivo, andrà dritto dritto in carcere per una quindicina di giorni insieme ai “compagni” Gorni, Formica e Pellegrini. Il testo dell’Inno alla Libertà che costituirà il leitmotiv della Tavola Rotonda, scaturisce da questa sua esperienza. Sarà quindi internato per circa sei mesi prima a Baden e poi a Davos, per riapprodare a Zurigo nella casa del mecenate Fleischmann. Casa che lascerà solamente nell’ottobre dell’44 con il suo rientro in Italia insieme alla moglie Darina ed ai coniugi Modigliani.
In Specchi deformanti… l’autore, pur non entrando nel merito della tesi spionistica biocchiana-canaliana, di fatto sostanzialmente l’annulla con la disamina degli stessi documenti d’archivio, interpretati, però, in maniera radicalmente diversa: «(…) Il modo più sbagliato e superficiale di valutarne l’attività sarebbe quello di intendere la collaborazione con l’Oss alla stregua di una nuova tappa del suo rapporto con strutture segrete, legando il Silone confidente della polizia fascista al Silone agente dell’intelligence americana. Il suo ritorno all’impegno politico diretto tra il 1941 e il 1944 rappresenta, al contrario, un capitolo della storia dell’antifascismo, non liquidabile come adesione a un ruolo spionistico più o meno classico[2] (…)»; e, ancora: «(…) Costante fu per Silone la preoccupazione che la politica americana fosse volta non alla semplice liberazione del paese, ma alla distruzione delle alleanze storiche alla base del sistema di potere fascista. (…)»[3].
Il primo a render nota questa sua stretta collaborazione con l’Oss è stato,
nel 1996, lo storico statunitense Neal H Peterson il quale ha documentato nel suo libro From Hitler’s Doorstep. The Wartime intelligence Reports of Allen Dulles 1942-1945, anche l’attività svolta da Silone con il codice di copertura 475, nonché individuato, nella corrispondenza, con vari pseudonimi quali Frost, Len, Tulio, Mr. Beher. Ma il più frequente e curioso, come emerge dai documenti di cui parlerò appresso, è quello di “The man from the mountains” (L’uomo delle montagne) con cui l’agente di collegamento che riceveva il più delle volte le informazioni oralmente, trasmetteva poi le stesse prevalentemente in forma dattiloscritta.
Nel libro del Peterson, la collaborazione di Silone e di altri esuli come Modigliani e il Maestro Arturo Toscanini, viene correttamente inquadrato all’interno di The Italian Resistence: «(…) The aging socialist exile Ignazio Silone and Joseph Modigliani, received support and were given a channel of comunication to outside world[4]».
Sarà qualche anno dopo lo storico svizzero Peter Kamber a far fotocopiare ad una sua collaboratrice i documenti degli archivi americani, mettendoli poi temporaneamente in rete, per spedirli, infine,al Centro Studi di Pescina ed alla Fondazione siloniana di Sulmona.
Gli stessi, ed altri ancora, come la corrispondenza privata tra Ignazio Silone e il suo ex compagno del PCD’I Giovanni Buscemi, meglio noto come Vanni Montana, sono alla base di questa mia stringata relazione.
Cominciamo dall’inizio.
La giovane irlandese Darina Laracy espulsa dall’Italia ed il già affermato scrittore abruzzese, si conoscono a Zurigo sul finire del 1941. Le modalità del loro primo incontro (biblioteca e casa di Marcel Fleischmann dove l’esule era ospitato sin dal 1934), sono descritte, per la prima volta, nel suo racconto breve Primo incontro con Ignazio Silone, testo pubblicato – su specifica richiesta mia e di Annibale Gentile – nel libro scritto a 4 mani e più voci Silone tra l’Abruzzo e il mondo” nelle sue due edizioni del 1979 e 1980[5]
Com’era avvenuto il contatto, sul finire del 1942, tra Silone e l’Oss? Lo descrive la stessa Darina sia in una lunga intervista rilasciata al Corriere della Sera, che in alcune lettere riportate poi nella pseudo biografia bioccana Ignazio Silone. La doppia vita di in italiano.
Nell’intervista, alla domanda:”Come ebbero inizio questi rapporti?”, così risponde: «Lo incontrò [Dulles] ad un pranzo che aveva organizzato il suo editore nel novembre ’42. Immagino che abbia visto in Dulles la possibilità di fare qualcosa per l’Italia. Più tardi, quando Silone fu arrestato e fu internato a Davos per sei mesi, nel ’43, aveva bisogno di me per comunicare con Dulles. Così lo conobbi anche io. Traducevo molti documenti che Silone dava a Dulles. C’ erano scritti critici verso la propaganda alleata in Italia. C’erano appelli o comunicazioni per i gruppi antifascisti italiani. C’erano considerazioni di alto livello, riflessioni di filosofia politica»[6].
Quanto alle su citate lettere, è più che sufficiente riportare il seguente passo: « Mi è venuto in mente un fatto che può spiegare, se non certo giustificare, l’accusa che Silone abbia preso soldi da Allen Dulles. Per le spese di gestione del Centro estero, mai personalmente, Silone aveva bisogno di fondi, a parte quel che ci rimetteva di tasca sua. Attingeva questi contributi da organizzazioni operaie, cioè dai sindacati svizzeri e americani. Il sindacato americano fu la Ladies’ Garment Workers Union, diretto da Luigi Antonini. Antonini aveva un assistente che si chiamava Vanni Montana, vecchia conoscenza di Silone dall’epoca della gioventù comunista di Trieste. Montana faceva da tramite per i soldi raccolti da Antonini, che arrivavano alla Legazione degli Stati Uniti a Berna, cioè Allen Dulles. Non furono soldi né di Allen Dulles né del governo americano né dell’Oss né dell’ancora non esistente Cia: furono soldi di lavoratori, in gran parte italoamericani (…)»[7].
Affermazioni confermate da tutta la documentazione archivista disponibile, sia per il Centro Estero, che per l’Oss. Il frutto di altre mie personali ricerche, mi consente di aggiungere ulteriori considerazioni su quest’argomento. Dalla corrispondenza intercorsa tra Ignazio Silone e Giovanni Buscemi, in parte riportata nel libro autobiografico del secondo – Amarostico. Testimonianze italo-americane, pubblicato nel 1976, e cioè con lo scrittore abruzzese ancora in vita – si può affermare senza ombra di dubbio che i contatti con Allen Dulles, furono favoriti sia da Montana che da Antonini, in quanto i fondi raccolti tra i sindacati italo-americani, cominciano ad affluire (anche se in misura contenuta) al Centro Estero del Partito Socialista Italiano ben prima che fosse istituita la stessa Oss, avvenuta nel giugno del 1942.
Per inciso va detto che la predetta corrispondenza copre il periodo 1937-1963.
A chiarire poi il tutto. è lo stesso Silone con una lunga lettera sinora, inedita, datata 15 aprile 1946, diretta al Consiglio del Lavoro Italo-americano, il cui incipit è il seguente: «Carissimi compagni, vi scrivo questa lettera nella mia qualità di ex segretario politico del Centro Estero del P.S.I. che ha funzionato in Isvizzera dall’estate del 1940 alla primavera del 1944. A causa della severa applicazione delle leggi svizzere sulla neutralità il nostro Centro Estero fu costretto a darsi un’attrezzatura strettamente illegale ed anche per questo motivo non ci è mai stato possibile di esprimervi pubblicamente tutta la nostra riconoscenza per l’efficace appoggio morale e materiale che abbiamo ricevuto da voi nella nostra lotta contro il fascismo». Concludendo: «Io non intendo esagerare l’importanza del lavoro da noi svolto per determinare il crollo del fascismo; noi abbiamo fatto del nostro meglio e sappiamo che la lotta decisiva fu condotta dai compagni antifascisti che in condizioni difficilissime cospiravano e si battevano in Italia. Ma per quello che noi abbiamo potuto fare, noi non dimentichiamo di avere un debito d’imperitura riconoscenza verso di voi che ci avete aiutato generosamente e in silenzio.
Noi speriamo che i legami di amicizia annodatisi nel periodo della guerra e della cospirazione tra il Consiglio del Lavoro Italo-Americano e il socialismo italiano, dureranno anche nella nuova situazione e saranno di valido aiuto per la ricostruzione pacifica e democratica del mondo. Fraterni saluti»[8].
Va adesso precisato, per quanto concerne la documentazione disponibile al Centro Studi siloniano di Pescina, che si tratta prevalentemente di lettere e telegrammi dattiloscritti in lingua inglese, francese ed italiana (a parte un breve testo in lingua tedesca); tre sono le lettere scritte a mano, di cui una firmata Ignazio Silone. Ma, avendo personalmente una lunga frequentazione con la sua scrittura, grazie ai numerosi documenti autografi degli anni Venti reperiti a suo tempo negli archivi della romana Fondazione Gramsci, affluiti poi nell’altro volume scritto sempre a quattro mani con Annibale Gentile Ignazio Silone comunista. 1921-1931, nonché con il suo testamento olografo pubblicato per la prima volta in forma anastatica in “Silone tra l’Abruzzo e il mondo” e le altre lettere manoscritte reperibili in varie pubblicazioni, è facile escludere la sua autografia, mentre la firma finale “Ignazio Silone” può essergli attribuita. Altre due lettere manoscritte (non firmate), di cui una in francese rispondente alla grafia di Silone, oltre ai testi di alcuni ciclostili e volantini, completano il quadro.
Dalla lettura del “Dossier Oss”, si può rilevare che nei primi quattro (in ordine cronologico) la data riportata del 7 gennaio 1942 è errata, in quanto il Servizio segreto americano era stato costituito solamente il 13 giugno di quello stesso anno; pertanto la data corretta è 7 gennaio 1943. L’ultimo documento è dell’agosto del 1944. Dalla loro lettura e con una allargata interpretazione su ciò che stava realmente avvenendo giorno per giorno in terra, nel cielo e in mare dei paesi in guerra, si possono comprendere non solo le modalità di trasmissione delle informazioni, ma quel che più conta, l’implicita qualità tattica e strategica delle stesse continuamente attestate da Silone sulla linea d’orizzonte dell’Italia finalmente liberata dall’oppressione nazi-fascista. Emerge, costantemente, la sua preoccupazioni per la non chiara ed oscillante politica delle forze alleate (inglesi, in particolare, data la loro potenziale opzione badogliana per l’instaurazione di un governo non eletto democraticamente, e perciò ambigua espressione di una surrettizia monarchia rimessa su a fine guerra), trattando inoltre, da pari a pari, con tutti i suoi interlocutori, a cominciare da Dulles. Emblematico, in tal senso, è il documento in cui scrive tra l’altro: «Per Mr. Dulles. Ho ricevuto il vostro biglietto con il quale avete espresso il desiderio di avere una lista dei principali antifascisti delle grandi città del nostro paese. Purtroppo non posso rispondere alla vostra domanda fino a quando non sarò sicuro dell’uso che l’Amgot [organismo militare degli alleati per governare i territori via via liberati e occupati, a cominciare dalla Sicilia] farà della mia lista. Mi scuso di dovervi ricordare che non ho ancora ricevuto risposta alle domande molto precise che ho posto a questo riguardo e che mi permetto di ricordare. I partiti antifascisti italiani avranno il diritto di funzionare liberamente e legalmente l’occupazione militare alleata? Avranno il diritto di pubblicare dei giornali, di tenere assemblee e dei congressi? È già così in Sicilia? Quale sarà l’atteggiamento delle autorità militari alleate verso la città o le regioni italiane che saranno occupate da un movimento rivoluzionario? […]»[9].
Il documento (originale in lingua francese), con cui Silone si rifiuta di fornire a Dulles “una lista degli antifascisti” (Courtesy Centro Studi I. Silone, Pescina)
Esimio prof. Canali: “che ci “azzeccano” queste decise richieste garantiste di Silone, con il fantomatico “vizietto spionistico” rovesciatogli addosso con molta non chalance anche a Luco dei Marsi?
Il socialista Silone si batteva, come emerge in modo inoppugnabile dalle carte d’archivio, per l’affermazione di un’Europa federalista, un’Italia liberata dai suoi cittadini (e non solo dagli alleati) mettendo in campo una strenua resistenza civile, innanzitutto (disobbedienza e scioperi). Criticando ancora, ed a più riprese, l’abborracciata propaganda radiofonica degli alleati nelle trasmissioni provenienti da New York e da Londra e indicando, nel contempo, le parole d’ordine da lanciare o il linguaggio pertinente diretto non già ad astratte masse da imbonire, ma a cittadini da informare.
Imbattersi in alcuni ciclostili quali l’appello dei socialisti intitolato “Primo Maggio 1943” (tradotto dall’Oss anche in inglese) o la versione originale del “Manifesto per il Movimento dell’Europa Libera e Unita”, meglio conosciuto come Manifesto di Ventotene redatto da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, con l’ausilio di Eugenio Colorni mentre erano confinati all’Isola di Ventotene, appunto, ed emozionarsi, è stato un tutt’uno.
L’Appello dei socialisti “1 Maggio 1943” inviato da Silone a Dulles (Courtesy Centro Studi I. Silone, Pescina)
Sempre a proposito di Altiero Spinelli, uno dei padri fondatori della futura Unione Europea, tra i quali possiamo inserire a pieno diritto anche Silone che per ovvie ragioni di sicurezza agiva nelle retrovie, un altro laconico documento ci rivela cosa realmente facesse l’“agente Oss” nella dispregiativa e falsificante versione canaliana: «Cessate ogni polemica personale. Noi non abbiamo lanciato un ordine immediato di uno sciopero generale, ma l’ordine della preparazione ad uno sciopero generale, nel caso in cui Badoglio dovesse mantenere l’alleanza con la Germania. Al momento, la nostra unica risorsa è la guerra dei partigiani. Non conosco in dettaglio le intenzioni collaborazioniste di Sforza, ma confido nella sua probità politica. Comunica a Veniero Spinellli che suo fratello Alterio e sua sorella Fiorella sono sani e salvi qui. Il loro indirizzo: casa Pini, Daro a Bellinzona. Chiedono notizie e un aiuto mensile di Veniero»[10].
La prima delle 11 pagine del ”Manifesto del Movimento per l’Europa Libera e Unita”– meglio conosciuto come “Manifesto di Ventotene” – inviato da Silone a Dulles (Courtesy Centro Studi I. Silone, Pescina)
Chiudo questa mia relazione dedicando un documento scritto in inglese datato 3 settembre 1943, al caro prof. Angelo Guido Sabatini co-fondatore e direttore dal 1980 della II serie della rivista “Tempo Presente” (erede ideale della I diretta da Ignazio Silone e Nicola Chiaromonte dal 1956 al 1968), nonché Presidente della fondazione Giacomo Matteotti assassinato a Roma dai fascisti il 10 giugno del 1924: «Per Mr. D. [Dulles] e Luzzatto. Il Partito socialista ha deciso di chiedere una revisione del processo dell’assassinio di Matteotti e l’immediato arresto di Mussolini per aver ordinato la sua uccisione e del generale Del Bono quale suo principale organizzatore. Il partito socialista italiano chiede a tutte le famiglie ed ai parenti delle vittime di mobilitarsi per una formale richiesta dell’immediato arresto di questi responsabili e per un loro processo»[11].
Con l’augurio, inoltre, che il “vizietto” umano, politico e creativo d’Ignazio Silone si diffonda, in questa malconcia e tradita Europa, con la stessa velocità di una ossimorica, rigenerante pandemia.
[TAVOLA ROTONDA “Ignazio Silone: Inno alla Libertà”– Pescina dei Marsi, 15 dicembra 2018]
[1] Mauro Canali, Il mio Silone (dalla nostra trascrizione della conferenza tenuta a Luco dei Marsi nel settembre 2018).
[2] Paolo Ferrari, Specchi deformanti. Silone nella seconda guerra mondiale , in Conoscere il nemico. Apparati d’intelligence e modelli culturali nella storia contemporanea (a cura di Paolo Ferrari e Alessandro Massignani), Franco Angeli Editore, Roma 2010, p. 455.
[3] Ivi, p. 404.
[4] Neal H Peterson, From Hitler’s Doorstep. The Wartime intelligence Reports of Allen Dulles 1942-1945, The Pennsylvana State University Press, 1996, p. 8.
[5] Darina Laracy, Primo incontro con Ignazio Silone, in Silone tra l’Abruzzo e il mondo (a cura di Antonio Gasbarrini e Annibale Gentile), Regione Abruzzo, L’Aquila, 1979, I ed. – Marcello Ferri Editore, L’Aquila, .1980, II edizione ampliata, pp. 29-32.
[6] Susanna Nirestein, Silone, «la Repubblica», 27/4/2001.
[8] Dall’Archivio siloniano di Annibale Gentile, Avezzano.
[9] Dal “Dossier Oss”, Archivio Centro Studi Ignazio Silone, Pescina.
[10] Ivi.
[11] Ivi.