Ignazio Silone: rivoluzionario, europeista, amico, nonché compaesano dei bambini fontamaresi

SETTEMBRE – OTTOBRE 2016

Tempo Presente (n. 429-430 settembre-ottobre 2016)

di Antonio Gasbarrini

Rivoluzionario comunista full time negli anni Venti del secolo scorso; “artista in azione” (Richard W. B. Lewis), ma contemporaneamente socialista umanista ed europeista nel quindicennio dell’esilio svizzero (1929-1944); tra gli artefici della vigente Costituzione Repubblicana in qualità di deputato dell’Assemblea Costituente (1946-1948), Ignazio Silone continua a rappresentare uno dei più nobili protagonisti italiani ed europei di quel luttuoso trentennio contrassegnato dal sanguinario consolidamento della dittatura staliniana e trionfo di quelle fascista e nazista.

Esemplare figura sempre più in primo piano sul versante letterario sino alla sua morte (1978), ma viepiù defilatasi su quello più squisitamente politico.

I due libri presentati nel corso di questa Tavola rotonda, frutto della ricerca di Maria Nicolai Paynter (On Friendship and Freedom: The Ignazio-Marcel Fleischmann Correspondence ) e di Antonio Gasbarrini – Annibale Gentile (coautori de I Fontamaresi. La scuola “delle” Libertà nella Fontamara d’Ignazio Silone), offrono più di uno spunto per approfondire ulteriormente molti sconosciuti passi biografici dello scrittore marsicano.

Passi stravolti da ben due decenni, con i falsificanti e grotteschi calchi sovrapposti alle nitide orme originarie, dalla deragliante ricostruzione pseudo biografica effettuata dagli storici revisionisti defeliciani Dario Biocca e Mario Canali.

Circa le motivazioni a-storiografiche dei loro numerosi, reiterati scritti denigratori, faccio mia questa lapidaria liquidazione di Maria Moscardelli, tra le più accreditate studiose siloniane: «“Character assassination”, ovvero come distruggere una persona per screditarne le opinioni, altrimenti inattaccabili. Il nuovo “caso Silone” è paradigma del “character assassination” (si veda il denso sito testuale e documentale da lei curato http://www.amici-silone.net).

Questi due libri, facendoci conoscere più da vicino l’uomo-Silone (fraterno amico del suo “protettore-mecenate” Fleischmann che lo ospiterà nella sua villa zurighese per un decennio, dal 1934 al 1944, amicizia ripercorsa con dovizia di inediti particolari nel precedente intervento di Maria Nicolai Paynter) e il compaesano-Silone (il quale nel 1975 riceverà a Roma i 18 alunni pescinesi d’una quinta elementare i quali avevano trascorso un intero anno scolastico in compagnia del romanzo Fontamara sotto l’esperta guida del maestro Annibale Gentile), rafforzano ulteriormente, a mio modo di vedere, l’aurea creativa ed etica di cui continua a godere il Nostro, nonostante le reiterate delegittimazioni tuttora in atto.

Se una parte del titolo di questo nostro incontro è Silone in Europa, con la piccola variante sintattica di Silone per l’Europa, cercherò di mettere in evidenza il non secondario ruolo da lui rivestito nella prefigurazione di un’ Europa federata e socialista tutta da costruire.

Non a caso, lo scorso 22 agosto, nel trentottesimo anno della sua scomparsa ed in concomitanza dell’incontro triangolare avvenuto a Ventotene tra Francois Holland, Angela Merkel e Matteo Renzi, «Il Messaggero Abruzzo» ospitava un mio articolo titolato Il summit di Ventotene nel giorno di Silone, nonché la riproposizione parziale (ma integrale sul sito internet del quotidiano all’indirizzo http://m.ilmessaggero.it/abruzzo/articolo-1923163.html)

del suo avveniristico discorso “Per un’Europa libera e unita” tenuto a Roma al Teatro Eliseo nell’ottobre del 1947 nel corso del convegno da lui presieduto su “L’unità europea e la pace nel mondo”, subito dopo confluito, insieme agli interventi di Pietro Calamandrei, Luigi Einaudi, Ernesto Rossi, ed altri ancora, nel volume Europa Federata con l’introduzione del Rossi.

Avveniristico sia per i suoi innovativi contenuti, che per la stringente attualità nel contesto di una contemporanea non-Europa dei risorgenti nazionalismi impastati di Brexit, muri e fili spinati.

Eccone l’incipit: «Per misurare il regresso da noi subito se non altro nell’impostazione dei problemi in questi soli due anni trascorsi dalla fine della guerra, basti ricordare il fervore quasi unanime che allora suscitava nei movimenti di resistenza dei vari Paesi l’idea di una non lontana unificazione politica dell’Europa. L’idea della Federazione europea, certo, era tutt’altro che nuova, ma, per la prima volta, essa svegliava in noi un’emozione che simili formule politiche di per sé non danno se non quando stanno per realizzarsi.

Nell’estate del 1941 avemmo sentore di un manifesto elaborato da un gruppo di confinati politici nell’isola di Ventotene. Poco più tardi ricevemmo un appello analogo dal Movimento «Libérer et Fédérer» di Tolosa, nel quale militava anche il nostro caro ed indimenticabile Silvio Trentin. Più tardi conoscemmo appelli e testi analoghi che provenivano dai gruppi francesi di «Combat», di «Franc-Tireur» e di «Liberté», dal Movimento del lavoro libero in Norvegia, dal Movimento Vrij Nederland in Olanda e anche da sparsi gruppi di tedeschi antinazisti, alcuni dei quali pagarono con la vita la loro avversione alla tirannia.

A questi gruppi di combattenti clandestini diedero un’espressione universale personalità conosciute come Albert Camus, Jacques Maritain, Thomas Mann ed altri. E più tardi, ma prima ancora della fine della guerra, l’uno dopo l’altro i partiti politici in via di riorganizzazione, i socialisti, i cattolici, i democratici radicali, i liberali, presero anch’essi posizione favorevole ad una rivendicazione immediata dell’unità europea».

A chiudere, la frase più che mai profetica, per i bui tempi di questi antieuropeisti nostri giorni, del suo mirabile testo: «Per finire ho da dirvi solo questo: se non faremo l’Europa la nostra generazione potrà considerarsi fallita».

Per inciso può essere qui ricordata, di quel magico quindicennio caratterizzato da una ri/nascita spirituale dopo l’espulsione del 1931 dal PCd’I, la prolifica attività di scrittore, saggista, fondatore e direttore di riviste, editore. In poche parole, l’Ignazio Silone che gli italiani cominceranno a conoscere ed amare (ma anche odiare da parte degli ex compagni di partito, allineati al cento per cento con l’imperante dittatura staliniana) dopo il suo rientro a Roma nell’Ottobre del 1944 insieme alla compagna Darina Laracy che sposerà di lì a un paio di mesi.

Ritornando al Silone per l’Europa, va segnalata la fondazione e la direzione (sul finire del 1946)  del quindicinale «Europa Socialista», dove tra il gennaio e il giugno del 1947 compariranno una quindicina di articoli da lui firmati, tra i quali, mi preme evidenziare Terzo fronte. Tesi sulla pace e sulla guerra e Gli Stati Uniti Socialisti d’Europa.

Se le parole-chiave del lungimirante pensiero siloniano possono essere individuate sostanzialmente in Giustizia, Verità, Utopia, va contestualmente correlata ad esse una quarta che farà da basso continuo in tutta la sua esistenza: Lotta.

Condotta da un cospiratore dai cangianti nomi di battaglia, per una decina d’anni in giro per l’Europa (Berlino, Mosca, Parigi, Marsiglia, Madrid, Zurigo) per la diffusione del Verbo marxista-comunista prima (anni Venti) e socialista poi (dagli anni Quaranta).

In carcere a più riprese, con una vita in continuo bilico tra una salute malferma con frequenti ricoveri ospedalieri-sanatoriali, e, l’incertezza quotidiana di poter mangiare almeno un piatto di minestra dopo l’espulsione dal P.C.d’I. che garantiva ai militanti la disponibilità di un minimo di risorse finanziarie.

Dal dattiloscritto inedito in mio possesso in fotocopia “Le tre sorelle” di Gabriella Seinfeld, conosciuta da Secondino Tranquilli  a Fiume nel 1921 (nel corso di un convegno dei giovani comunisti, e che da quel momento sarà la sua fedele “compagna rivoluzionaria” sino alla fine degli anni Trenta), si possono attingere molte notizie di carattere biografico relative alla loro pericolosa clandestinità.

Mi limito a citarne alcune: «[…] Per la Federazione giovanile venne Secondino Tranquilli (Silone). Quest’ultimo mi chiese se conoscevo il tedesco, dicendomi che l’Internazionale giovanile comunista che ha la sede a Berlino, cercava una compagna che conoscesse appunto le due lingue e che gli pareva che io sarei stata molto indicata. […] A Roma ritrovai le mie sorelle, ambedue in partenza: Barbara per Mosca e Serena per Parigi per lavorare alla Main d’Oeuvre Etrangère. Lavorai qualche settimana con Silone. Era un tipo solitario, malaticcio dagli occhi tristi. Molto intelligente. Mi raccontò della sua vita, dopo la morte di sua madre nel terremoto di Avezzano, madre che egli adorava. Scappò dal seminario e girò per le strade di Roma squattrinato, passando molte notti al Colosseo. Fece anche una lunga degenza all’ospedale Santo Spirito. Era rivoluzionario sin dall’età di quindici anni quando capeggiò una sommossa di contadini e al processo il Presidente lo tacciò da “Germinal”. […] A Madrid abbiamo preso contatto con i compagni e con molti degli intellettuali di sinistra che ebbero un grande ruolo nella futura repubblica spagnola. Prima che il lavoro avesse potuto dare un risultato qualsiasi venne il colpo di stato di Primo di Rivera. Silone venne arrestato ed io, saputo che l’avrebbero fatto partire per Barcellona, mi precipitai alla Stazione con un pacco di indumenti di lana. […] Arrivata a Parigi mi recai al solo indirizzo a me noto, al Soccorso Rosso. Infilai il portone mentre ne usciva Silone. […] Una notte Silone non tornò a casa: era stato arrestato insieme ad un gruppo di compagni e rinchiuso alla Conciergerie, la stessa prigione dove era stata rinchiusa la regina Maria Antonietta. Ci sarebbe stato il processo ci dissero. Mi recai presso Maitre Berton, apprezzato avvocato comunista,  il quale assunse la difesa. Mi disse dopo la sentenza “Ma Tranquilli, dovrebbe chiamarsi Terribili”, m’interrompeva sempre per dire cose più radicali. Alla fine vennero espulsi tutti dalla Francia. […] Gli “espulsi” tornarono il giorno dopo a Parigi, passando la frontiera illegalmente. Per festeggiare questo evento, Vanni Buscemi organizzò un meeting alla sede dei sindacati alla Rue Grange- aux Belles. Per l’occasione Silone, per non farsi riconoscere, si fece tingere i capelli di biondo-oro e si comprò un paio di baffi biondi, che durante il suo discorso veemente contro la vile borghesia minacciarono di staccarsi e che egli teneva fermi con la mano. […]».

Quest’ultima scena non fa sorridere, ma suscita tenerezza. E poi, come non si può nutrire ammirazione per quei coraggiosi “espulsi”, rientrati clandestinamente appena un giorno dopo nel loro posto di combattimento, rischiando prigione e vita?

Ritengo, inoltre, che i due libri presentati questa sera diano un ulteriore contributo alla sua conoscenza umana, più che letteraria o politica.

Il fil rouge di On Friendship and Freedom: The Ignazio-Marcel Fleischmann Correspondence va rintracciato da ciò che ci ha appena detto l’autrice in tre altre parole-chiave siloniane oltre a quelle ricordate più sopra: Libertà, Amicizia e Silenzio. Sono rimasto molto colpito da questo suo illuminante passo: «Ho diviso la corrispondenza in due parti, dal 1934 al 1945 e dal dopoguerra al 1976. Nella prima parte si vede come la libertà per i due amici è un bene per cui bisogna lottare ad ogni costo e come, per capirsi, il silenzio comunica di più e meglio delle parole».

Quanto alle pagine de I Fontamaresi. La scuola “delle” Libertà nella Fontamara d’Ignazio Silone gravitante attorno alla rivoluzionaria esperienza didattica di Annibale Gentile, condivisa e apprezzata da Silone e da Darina, mi limito ad evidenziare che hanno avuto una lunga gestazione durata ben quarant’anni.

Corali nel loro fitto dialogare di testi, disegni, foto, documenti e già pronte per la stampa sin dal 1978, sono rimaste nel cassetto, per le ragioni esplicitate nella mia Introduzione. Vale a dire a causa della sopraggiunta scomparsa dello scrittore e  alla scelta di Annibale e mia, di dedicargli ben altri due nostri libri curati sempre a quattro mani: Ignazio Silone tra l’Abruzzo e il mondo (nella prima edizione del 1979 e nella seconda, ampliata, dell’anno successivo) e Ignazio Silone comunista. 1921-1931 uscito sul finire degli anni Ottanta.

Il “giornalone” «Che fare?» redatto a mano da “Gli scolari di Fontamara” appeso al bordo di questo tavolo, letto e sfogliato da Silone durante il loro incontro romano 1975 ed eternato dalla bella sequenza fotografica di Annibale che ha fatto il giro del mondo, penso riassuma al meglio il senso etico-didattico del nostro lavoro.

Lavoro interamente dedicato, come hanno fatto e continuano a fare i suoi studiosi presenti ovunque, ad uno dei più straordinari pensatori europei: Ignazio Silone, appunto.

Ancora da leggere o rileggere nei suo scritti creativi, ma soprattutto scoprire ex novo in quelli saggistici e giornalistici.

[Tempo Presente, N. 429-430, pp. 14-19]