Caro Canali, hai offeso l’onore di Silone. Ma anche il tuo

Avanti! on Line 5 settembre 2016

di Alberto Vacca

La motivazione per cui avrebbe fatto ciò? Il denaro che gli avrebbe versato la polizia fascista. Dopo il 1930, Silone avrebbe abbandonato la professione di spia fascista e – non si sa per quale ragione – sarebbe passato nelle file antifasciste socialiste.

L’assurdità di tale ricostruzione storica è stata dimostrata dapprima da G. Tamburrano, G. Granati e A. Isinelli, poi da S. Soave e infine da me, dopo un esame approfondito dei documenti concernenti Silone che si trovano presso l’Archivio centrale dello Stato. Ciò nonostante, la tesi di Biocca e Canali ha trovato credito presso molti mass media e persino nel canale televisivo Rai Storia.

Sarebbe qui troppo lungo riportare tutte le argomentazioni che smentiscono la ricostruzione di Biocca e Canali e, pertanto, ci si limita ad alcuni punti essenziali.

1. Biocca e Canali affermano che Silone fu un’autentica spia fascista e che svolse con convinzione e diligenza la sua attività delatoria perché rinumerato dalla polizia fascista. Ebbene, tale affermazione è totalmente priva di prove e smentita dai documenti esistenti presso l’Archivio centrale dello Stato, dai quali risulta che Silone finse di essere una spia (non che fu una spia!) e in cui non vi è alcun cenno sulla corresponsione di somme di denaro a suo favore. Che Silone abbia simulato di essere una spia fascista non se lo sono inventato gli storici e i giornalisti che contestano le tesi di Biocca e Canali, ma lo sostiene lo stesso capo della polizia fascista, Arturo Bocchini, in un rapporto del 12 ottobre 1937, inviato al capo del Governo, Benito Mussolini, in cui dice: « Nel 1931 fu arrestato e processato in Italia il fratello Tranquilli Romolo, per attività comunista. Il Tranquilli Secondino, aveva per il fratello, un affetto profondo, soffrì molto. Cercò di aiutarlo in tutti i modi inviandogli sussidi e sovente anche dolciumi e leccornie. In tale periodo diede a vedere di essersi pentito del suo atteggiamento antifascista e tentò qualche riavvicinamento con le Autorità italiane mandando, disinteressatamente, delle informazioni generiche circa l’attività di fuorusciti. Ciò fece nell’intento di giovare al fratello il quale peraltro, colpito da morbo gravissimo, morì il 20 ottobre del 1932 nell’infermeria del penitenziario di Procida». Il capo della polizia scrive che Silone « diede a vedere di essersi pentito», cioè fece finta di non essere più comunista, come fino a quel momento era stato. «Dare a vedere», come risulta dal vocabolario italiano, significa fingere, simulare. Il capo della polizia, dunque, afferma che Silone simulò di fare la spia, non che fu una spia autentica, come sostengono Biocca e Canali. Precisa, altresì, che le informazioni da lui fornite furono prive di rilevanza, perchè generiche e non specifiche, e che le stesse furono inviate « disinteressatamente », cioè senza la corresponsione di somme di denaro. Puntualizza, infine, che la simulazione fu posta in essere da Silone per «giovare al fratello». Ebbene, Romolo era un militante comunista. E dunque la simulazione di Silone avvenne nell’interesse del partito comunista e non nell’interesse del regime fascista.

Se Biocca e Canali sono in possesso di documenti che provano che il capo della polizia fascista ha dichiarato il falso, in un rapporto ufficiale inviato al suo capo, li esibiscano in modo che gli storici e i giornalisti che contestano la loro ricostruzione dei fatti possano ricredersi e cambiare le proprie convinzioni. Esibiscano anche, se li hanno, i documenti da cui risultino i pagamenti effettuati dalla polizia fascista a favore di Silone. Se non li hanno, ammettano almeno di essersi sbagliati.

2. La prova regina dedotta da Canali contro Silone, in un suo saggio del 2000, è costituita da una relazione anonima redatta da una spia fascista in presenza del commissario Bellone e da questi inviata, in data 22 aprile 1923, al questore di Roma, Cesare Bettini.

Nel 2001, questa relazione fu sottoposta all’esame del perito grafico Anna Petrecchia, consulente tecnico presso il Tribunale di Roma, che lo comparò con alcune scritture autografe di Silone. Le sue conclusioni, formulate il 19 gennaio 2001, furono le seguenti: «Le scritture in verifica appaiono provenire da un’unica mano. Tali scritture non corrispondono a quelle di Ignazio Silone».

Successivamente alla perizia della dottoressa Petrecchia è stato da me accertato – sulla base di un’analisi contenutistica e formale – che tale relazione non è altro che una copia, scritta a mano da un funzionario di polizia, della relazione originale (non presente negli atti) redatta in presenza di Bellone dalla spia fascista Alfredo Quaglino, indicata negli atti con la sigla 300 HP, che svolse attività delatoria contro i socialisti e i comunisti dal 1922 al 1932. Per negare che la relazione sia stata redatta da Quaglino, Canali è arrivato persino a sostenere che lo stesso, nel 1923, fosse una spia ormai «bruciata», da tempo fuori del partito e perciò impossibilitata ad avvicinare i dirigenti del partito comunista, mentre dagli atti risulta che svolse attività spionistica fino al 1932.

3. Canali attribuisce la responsabilità dell’arresto e della condanna di Gramsci a Silone, che avrebbe fornito al commissario Bellone le informazioni necessarie per poterlo incriminare. Scrive testualmente:

“Guido Bellone assunse quindi il ruolo di grande accusatore di Antonio Gramsci. Era stato lui, con un rapporto del 29 dicembre 1925, a riferire al ministero dell’Interno la notizia della nomina di Gramsci a «segretario generale del P.C. in Italia». […] La ricerca storica ha ormai accertato da circa una decina d’anni che l’informatore di Bellone infiltrato nel Pcd’I era Ignazio Silone, con lo pseudonimo di copertura di «Silvestri»”.

Va rilevato innanzitutto che il rapporto del 29 dicembre 1925, citato da Canali, non riferì la notizia della nomina di Gramsci a segretario del PCd’I al ministero dell’Interno, bensì al Procuratore del Re di Roma. In secondo luogo va precisato che il rapporto non fu redatto da Bellone, bensì dal commissario capo di PS Ermanno De Bernardini, come risulta dalla dicitura «Prefetto reggente la Questura f° De Bernardini», apposta alla fine del documento. La grave manomissione del documento non è certo indice di accuratezza e precisione nella ricerca. Infine va osservato che non vi è alcun documento nell’Archivio centrale dello Stato da cui risulti che Silone abbia fornito al commissario Bellone notizie utili per l’arresto e la condanna di Gramsci.

La ricostruzione della figura di Silone come spia fascista fatta da Biocca e Canali è del tutto surreale ed è destituita di qualsiasi elemento probatorio. Essa si basa su una serie di congetture e di indizi che non trovano riscontro nella realtà dei fatti. Gli indizi, sia nel campo giuridico sia in quello storico, per assurgere a dignità di prova devono essere gravi, cioè consistenti e resistenti alle possibili obiezioni e perciò, attendibili e convincenti; precisi, cioè specifici e non generici, insuscettibili di diverse interpretazioni e non equivoci; concordanti, cioè tra loro collegati e accordabili con la medesima ipotesi ricostruttiva del fatto da provare. Gli indizi addotti da Biocca e Canali a sostegno della loro ricostruzione sono ben lungi dall’avere tali caratteristiche, per cui non possono essere assunti a prova del fatto che Silone sia stato una spia fascista. Del tutto incongruente, infine, è la tesi della presunta conversione di Silone da spia fascista a militante socialista. Perché Silone passa nelle file socialiste dopo avere abbandonato il partito comunista e non dopo avere abbandonato il movimento fascista. Nella lettera del 13 aprile 1930, indirizzata al commissario Bellone per comunicargli la cessazione di ogni futuro rapporto con lui, non scrive di lasciare con rammarico il movimento fascista, bensì il partito comunista. Se fosse stato una spia fascista infiltrata nel partito comunista, per quale ragione avrebbe cessato una lucrosa attività per andare incontro alla miseria e agli stenti economici, in un momento in cui aveva peraltro gravi problemi di salute?

Recentemente ho contestato in un mio libro le accuse formulate da Biocca e Canali contro Silone, dimostrandone l’infondatezza. Biocca non ha obiettato alcunché. Canali, invece, con riferimento anche alla professione di avvocato da me svolta prima di andare in pensione, ha scritto: «Si innalzano a rango di storici avvocati in pensione che ammazzano il loro tempo bighellonando negli archivi e che vengono strumentalizzati (e si fanno strumentalizzare) perché disposti a dichiarare tutto e a scrivere grandi corbellerie pur di avere il quarto d’ora di notorietà»; e ancora: « è la fantasia degli azzeccagarbugli, pseudo storici o se preferisce degli storici della domenica a confondere le due spie (Quaglino e Silone) così lontane anche nel livello di infiltrazione nell’organizzazione comunista. Ma non intendo sprecare altro tempo con letture dilettantesche e interessate di una vicenda così complessa».

Caro Canali, anziché confutare le affermazioni contenute nel mio libro, con controdeduzioni serie e fondate su documenti, ti sei limitato a scrivere frasi dirette a offendere la mia persona, solo perché ho osato – non per partito preso ma per rispetto della verità storica – difendere l’onore di Silone che, essendo morto, non può più parlare. Le frasi che hai scritto, però, se ci pensi bene, più che ledere il mio onore, ledono il tuo onore, perché scrivendole hai dimostrato di calpestare volutamente le regole della buona educazione e quelle del diritto che prescrivono il rispetto della dignità di ogni persona. Credimi, ciò che hai scritto non ti fa fare una bella figura con i tuoi lettori. E non è certo con l’arma della diffamazione nei confronti degli storici e dei giornalisti che sostengono che Silone fu sempre un antifascista che potrai dimostrare che egli fu una bieca spia fascista.

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