Silone, Primo maggio e l’immaginario Coronavirus durante l’esilio svizzero

Quel “Quarto Stato” anticipatore della dignità restituita poi anche ai cafoni fontamaresi agli inizi degli anni Trenta dalla penna magistrale dell’esordiente scrittore abruzzese, mentre, militante comunista ed esule antifascista in Svizzera già da qualche anno e fino all’ottobre del 1944, tra un ricovero sanatoriale e l’altro per una malattia polmonare acuta, nonché nella più totale indigenza, scriveva all’espulso “compagno” Tasca nel 1930: “Il libro non l’ho scritto che con obiettivi… finanziari. Se potessi ricavarne il necessario per vivere 5-6 settimane, avrei la calma necessaria per cercarmi un’altra sistemazione. Altrimenti, vivendo a regime di minestra e vivendo in uno stanzino in cui entra appena una branda la stessa volontà si infiacchisce”. Per una strana associazione di idee, l’estensore di questo articolo si è chiesto come avrebbe reagito psicologicamente e fisicamente l’uomo Silone, in caso di un suo coinvolgimento nell’ipotetico incontro-scontro con il Coronavirus. Per quanto riguarda il distanziamento sociale, la sua consolidata clandestinità prima, i continui ricoveri sanatoriali oltre all’internamento in varie città fino al suo definitivo rientro in Italia -, non gli avrebbero creato alcun problema. A confermare questa ipotesi, ecco le modalità  con cui incontrava i suoi singoli e rari interlocutori, mentre da “franco tiratore” della lotta alla dittatura fascista (così come amava definirsi in una lettera scritta nel 1934 a Carlo Rosselli che insieme al fratello Nello sarebbe stato assassinato in Francia tre anni dopo) collaborava attivamente con l’OSS, il Servizio Segreto americano insediatosi a Berna. Ecco cosa  si può leggere in proposito in un inedito documento disponibile al Centro Studi Siloniano di Pescina. Qui in parte riproposto, nella traduzione dal francese: “Domani devo lasciare Zurigo e stabilirmi a Davos Platz dove abiterò alla Pensione Strela. La cosa migliore sarebbe se, senza avvertirmi per lettera o per telefono, ricevessi una visita di sera, dopo le 8. La pensione è molto grande (più di 60 camere) ed è gestita da suore cattoliche”. Con il suo più che solitario stile di vita, mantenuto fino alla scomparsa avvenuta in una clinica ginevrina nell’agosto del 1978,  difficilmente, durante i 15 anni di esilio svizzero, avrebbe contratto il malefico morbo. Qualche pericolo, però, lo avrebbe inseguito nei vari sanatori. Più seria e minacciosa nei suoi confronti era stata, invece, la lunga mano assassina fascista, come ben chiarisce questa informativa del doppiogiochista Aldo Sampieri (datata 1935, resa nota dallo storico Mimmo Franzinelli), il quale propone di “far fuori” Silone, impedendogli così di continuare a: “seminare i suoi strali velenosi su tutti i continenti e mi sembra perciò che si dovrebbe mettere in atto un sistema per eliminare il male, man mano che l’ammalato si avvicini al chirurgo… in questo caso mi sembra che il Tranquilli sia molto vicino al chirurgo, e che sarebbe ora di completargli la cura”. Per nostra fortuna e per i suoi milioni e milioni di lettori quel tipo di cura, sperimentata (si fa per dire) da Mussolini nel 1924 con l’assassinio di Matteotti, non gli è stata poi somministrata.

NOTA ALLA LETTERA OSS

Militante rivoluzionario, negli anni venti, Silone svolgerà un’intensa attività ai vertici del PCD’I, spostandosi da uno Stato all’altro dell’Europa prima di approdare, da clandestino, in Svizzera nel 1929, dove sarà ricoverato in un sanatorio. Una profonda crisi esistenziale, dovuta anche alla morte del fratello minore Romolo nelle carceri fasciste (1932), lo farà optare, anche se in modo non esclusivo, per la scrittura creativa. Durante il quindicennio dell’esilio, si affermerà come scrittore e saggista con la pubblicazione, in lingua tedesca, oltre a “Fontamara”, “Il Fascismo”, “Pane e vino”, “La scuola dei dittatori”, “Il seme sotto la neve”, “Ed egli si nascose”. Il suo nuovo impegno politico lo vedrà ricoprire il ruolo di segretario del Centro Estero del PSI. In tale veste collaborerà  con il Servizio Segreto Americano OSS. La documentazione, in lingua inglese e francese, si trova in alcuni archivi americani ed in fotocopia nel Centro Studi Silone di Pescina. La lettera qui riproposta, databile 7 gennaio 1943 e l’intero Dossier, sono in corso di traduzione a cura degli studenti del Liceo Statale Benedetto Croce di Avezzano, per essere poi consultabili sia “in loco” che in rete.

A.G.